domenica 29 giugno 2014

"Le nostre valigie erano di nuovo ammucchiate sul marciapiede; avevamo molta strada da fare. Ma non importava, la strada è la vita." Jack Kerouac

Sono arrivata alla fine di questa avventura erasmus, sono già passati cinque mesi qui a Grenoble. "Grenoble? Dove si trova?" Quante volte me lo sono sentita dire... Poi tristemente complice l'incidente di Schumacher e sono diventati tutti esperti, continuavano a non sapere dove fosse ma averla sentita nominare era sufficiente per dire di conoscerla.
Allora Grenoble si trova in Francia, nella regione Rodano-Alpi ed è la città degli sport invernali e dello sport in assoluto.  Città carina, piena di verde, attraversata da un fiume e circondata dalle montagne, il centro è bello, caldo e ospitale.
Sono contenta della mia scelta, in realtà non so cosa cercassi, ma è tipico di me buttarmi dentro qualcosa, in apparenza in modo superficiale, scegliendo dalle apparenze. Senza sapere nulla di più che un titolo, una copertina o un bel nome. Amo quel pizzico di avventura che ti riserva il fare qualcosa di cui conosci poco o nulla. Questa città mi piace, anche se ci abitano i francesi, generalizzando, un popolo strano, senza flessibilità e non particolarmente ospitale.
In questi cinque mesi ho incontrato tante culture diverse, tra alfabeti e mondi da decifrare, ma anche piemontesi, calabresi, siciliani, veneti, abruzzesi, alcuni avrei potuto incontrarli anche in Italia, altri forse no, nelle casualità di connessioni ed amicizie, ma ad incontrarli fuori c'è meno diffidenza, c'è qualcosa in più in comune, lo star fuori, e ho imparato espressioni in dialetti lontani, provato ricette nuove, imparato cose di chi condivide sì la stessa lingua ma abitudini spesso completamente opposte. O le stesse, a distanze fatte di chilometri e luoghi comuni, per esempio ho imparato che cosa vogliono dire "la mezza" o "telare".
Vorrei ringraziare le persone che ho conosciuto qui e hanno contribuito a rendere questa esperienza indimenticabile, ma vorrei ringraziare anche chi da casa, dall'Italia mi è sempre stato vicino e mi ha supportato nei momenti difficili e ha gioito per quelli più lieti. Scusate se a volte vi stresso!
 Le persone che incontri sono come delle  foglie che arricchiscono l'albero della mia vita: molte si perdono con il vento, solo alcune,  non si staccheranno mai e sono gli amici.
Quelli che ti organizzano una festa a sorpresa per la tua partenza, io tutte le volte che guardo il vostro cartellone giallo mi commuovo. Quelli che sono disposti a cambiare bar ogni giorno perché io voglio un caffè accettabile. Grazie!
Qualcosa mi mancherà: l'acqua gratis al ristorante, l'efficienza dei trasporti, la libertà di vestirsi male, le feste multietniche, la meritocrazia, i tentativi di farmi capire con gli stranieri...
Non mi mancheranno sicuramente i francesi, la loro maledetta burocrazia, il loro schifosissimo caffè, il loro nazionalismo estremo e la fissazione per lo sport...


Per evitare di rovinare questo bel momento ho anche deciso di posticipare a settembre/ottobre tutte le pratiche burocratiche relative, per esempio al conto bancario...
"Mo' non mi voglio 'ncazzà!"

martedì 17 giugno 2014

Forza penisola bagnata dallo Ionio, dal Tirreno e dall'Adriatico....

É iniziata la coppa del mondo e io sono ancora in Francia.
Ho gufato e tifato Honduras, ma non è servito.
L'importante è che abbia vinto anche l'Italia: non li potrei proprio sopportare gli sfottò francesi.
Ho visto la prima partita dell'Italia insieme ad altri italiani, che sono diventati miei grandi amici in pochissimo tempo (ah il potere dell'Erasmus!).  Vedere la partita insieme a loro è stato molto emozionante: quando gioca la Nazionale siamo tutti un po' più italiani!
Con il mondiale diventiamo tutti esperti di calcio, tutti lì a parlare della squadra, dei convocati, delle previsioni, del calendario, del girone, dei possibili cammini fino alla finale.
Quanto sono belle quelle speranze che colorano i discorsi davanti ad una birra o ad un caffè con la moka, che qua il caffè fa sempre schifo, tra le curve di sorrisi che nascono spontanei e si caricano nell'attesa della seconda partita.
Forse lo sentiamo di più qui, a casa di chi è stato battuto da noi 8 anni fa, ricordiamo l'1 a 1, i gol, la testata, quei supplementari al cardiopalma e infine i rigori...sentiamo ancora l'eco dell'esultanza di Caressa se ci concentriamo
"E allora diciamolo tutti insieme, tutti insieme, quattro volte: siamo campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo! Abbracciamoci forte, e vogliamoci tanto bene; vogliamoci tanto bene. Perché abbiamo vinto, abbiamo vinto tutti stasera, abbiamo vinto tutti, amici, abbiamo vinto tutti, abbiamo vinto tutti amici. Guardate dove siete, perché non ve lo dimenticherete mai! Guardate con chi siete, perché non ve lo dimenticherete mai! E sarà l'abbraccio più lungo che una manifestazione sportiva vi abbia mai regalato, forse uno dei più lunghi della vostra vita! Abbracciatevi forte... Abbracciatevi forte... E abbracciate soprattutto questa meravigliosa squadra che ha vinto soffrendo, che ha vinto come l'Italia non era riuscita a vincere: ai calci di rigore, contro la Francia che ci aveva sempre eliminato, contro i francesi che ci avevano sempre battuto nelle manifestazioni dal '78 in avanti. E questa volta no, questa volta no... Questa volta abbiamo vinto noi. E Beppe, ci prendiamo la coppa, Beppe! Ci prendiamo la coppa, Beppe!"
E la faccia stizzita di Platini è indelebile nella mia memoria...soprattutto adesso, soprattutto qui.
Ma a parte il mio tifo sfacciatamente azzurro, mi piace anche vedere la città che si popola del tifo multietnico. I brasiliani che vincono (rubando), esultano in portoghese e si mettono a ballare un samba in mezzo alla strada.
I belgi con tutte le loro belle speranze, perché quest'anno hanno la squadra e potrebbero vincerlo, il mondiale.
Gli spagnoli e i portoghesi che...ops...
Come sono belli i tifosi di ogni squadra, che s'innamorano del calcio e magari ritrovano identità nazionali spesso flebili, che coltivano generazioni di ragazzini che ricorderanno questo mondiale con tutte le emozioni che verranno, di gioie e sofferenze, come io ricordo Usa '94.
E forse è proprio questa la vera essenza della coppa del mondo: unire e appassionare, sperare e festeggiare.
In ogni caso Forza Azzurri!


E "ringrazio" ancora Berlusconi per avermi tolto la gioia di poter dire Forza Italia!

venerdì 6 giugno 2014

La prova costume è alle porte vestita da testimone di Geova

E poi arriva il caldo, anche a Grenoble.
Solo che qui il meteo è sornione, muta da un giorno all'altro, senza preavviso.
Un giorno piove, fa freddo, l’aria è umida, il cielo è grigio...Il giorno dopo, oggi:  cielo terso, brezza fresca, sole, insomma estate!
Il meteo sembra voler dire: " Tac, vi ho fregati!"
E in realtà è vero perché io mi sono ammalata, ho un mal di gola che neanche il 15 dicembre.
Io, mica loro...'sti francesi.
Loro, che già con il primo caldo, cioè quel giorno di timido sole a febbraio avevano tirato fuori il loro abbigliamento da spiaggia con gli abbinamenti più assurdi, di pantaloncini e maglione e cappello di lana.
Pronti, già in maglietta e senza calze, non appena il termometro ha superato i 15 gradi.
Figuriamoci adesso che siamo a giugno.
Oggi sorridono tutti, parlano tutti del tempo, ma facendo un po’ finta di niente. “Muaaaais, il fait bon”. Questa frase incredibile che testimonia tutta la loro impermeabilità emotiva. Non dicono che fa caldo, indicazione meteorologica, non commentano quanto si stia bene, indicazione fisico-personale, no, loro dicono letteralmente:  fa buono.  Un misto tra personale e impersonale, un po’ indifferente, un po' distaccato: insomma francese.
Qui, come sapete, non c'è il mare, allora prendono d'assalto i parchi e ovviamente corrono ovunque. Correvano quando c'era un freddo cane, figuriamoci adesso che verrebbe quasi voglia anche a me, e sottolineo quasi, di farmi una corsetta.
Mi piace l'estate!  
Mi mette il buonumore il sole o forse è la compagnia, non lo so. Ma visto che oggi sono buona vorrei ringraziare tutti quelli che mi sopportano chi da poco, chi da tanto. Vi voglio bene!


lunedì 2 giugno 2014

Uomini e donne non sono uguali ed è questa la nostra forza

Venezia 1646, nasce, quinta di sette figli, Elena Lucrezia Corner Piscopia: la prima donna laureata della storia. Ed è italiana.
Dimostra fin da bambina la sua mente geniale e a 21 anni conosce a menadito il latino, il greco, il francese, l’inglese e lo spagnolo e studia l’ebraico.
Quando, dopo essersi iscritta all'università, lo Studio di Padova, presenta regolare domanda di ammissione alla laurea, ecco la spiacevole sorpresa. A una donna, infatti, non era concesso ricevere il titolo di dottore in teologia. Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova (fatto santo ndr) blocca tutto: la donna è inferiore rispetto all'uomo e non è capace di ragionamenti difficili.
Niente da fare, nessuna laurea.
Inizia così, una lunga polemica tra lo Studio di Padova, che aveva acconsentito alla laurea, e il cardinale Barbarigo.
A 32 anni Elena ottiene, finalmente, la sua laurea: gliela concedono però, in filosofia, non in teologia.
La vita passata sui libri però, presenta ben presto il suo conto: è il 1684 quando Elena muore a soli 38 anni coperta di debiti.
Bistrattata, dimenticata, umiliata.
L’Italia vanta la prima donna laureata al mondo e nemmeno lo sa.
E oggi chi rappresenta la femminilità italiana nel mondo? Se cercate italian woman o femme italienne su google immagini vengono fuori solo foto di donne nude. Perché?
Io non sono femminista né tanto meno perbenista.
Dopo aver smascherato il  bunga bunga di turno si è detto e si è scritto molto sulla riacquisizione della libertà sessuale delle donne, ma stiamo scherzando?  
Ci sono alcune che fanno le puttane, di lusso, ma sempre puttane, e si parla di riacquisizione della libertà sessuale di tutte le donne?
E' come se dovessimo aspettare che il figlio celiaco di un politico scoprisse la pasta senza glutine per ricominciare tutti a mangiare il pane.

Come siamo passati dal difendere l’autodeterminazione del proprio corpo al moralismo bacchettone riconducibile al Medioevo?
Diciamo che a me è molto cara la presunta parità dei sessi.
Sono una donna, ingegnere, di cui non esiste neanche il termine femminile, e mi ritrovo a rivendicare ogni giorno la mia identità sia personale che professionale perché la società non aiuta.
Non sono qui a puntare il dito sulle leggi e sulle pari opportunità, io ce l'ho con le donne.
Quelle donne che vogliono le quote rosa,  che assomigliano ai parcheggi riservati ai disabili, che sono indispensabili perché loro non possono parcheggiare ovunque. Io vorrei, da donna, poter accedere al mondo politico per i miei meriti e non per i miei cromosomi.
Quelle donne che accettano l'ingresso "donne" gratuito in discoteca, senza sentirsi oggetto sessuale.
Le donne che non si sentono offese dalle immagini della valletta, velina o letterina senza cervello, ma che invece idolatrano quel modello. E si guardano allo specchio schifate e a suon di diete frustranti e di ginnastica massacrante cercano a tutti i costi di essere belle.
Ma la bellezza spesso è vista come approvazione degli altri più che propria accettazione di se stesse. Si guardano come pensano che le guardino gli uomini e cercano di diventare come loro le vorrebbero.
Le femministe sessantottine ostentavano lo slogan "il corpo è mio e ci faccio quello che voglio".
Ma non è vero che uomini e donne sono, allo stesso titolo, padroni del proprio corpo e dunque sovranamente liberi di farne ciò che vogliono. Trattarlo come strumento di meretricio, vendendo le proprie prestazioni sessuali o insulto al pubblico pudore, indossando leggins taglia 48. Non è vero che si ride allo stesso modo di una donna un po’ in carne o di un uomo con la pancetta. Non è vero perché ad oggi, che ci piaccia o no, le donne sono sempre un po’ più puttane e un po’ più grasse degli uomini. E questo accade perché il nostro corpo non è mai solo nostro: il corpo delle donne è guardato, analizzato, smaniato o fischiato da tutti. É un luogo pubblico, o meglio un luogo in cui si esercita il discorso pubblico.
Si è passati dalla segregazione in casa delle donne dell'inizio del Novecento all'imprigionamento in schemi asfissianti di donna-corpo, estratto dalla costola dell’uomo per farlo nascere a suo modello rispondente a fantasie irreali. L’oggetto-donna si è trasformato secondo il desiderio maschile e la sua fantasia erotica come oggetto di piacere. Bambole di gomma fatte di carne umana.

Non si offendano le donne. Loro sanno e accettano consapevoli il gioco.
Ovviamente non parlo di tutte le donne, ma di quelle che scelgono scorciatoie puntando su un azzardo di sesso e intimità con l’uomo potente che concederà loro un ruolo istituzionale, imprenditoriale o politico come ringraziamento per le belle ore passate insieme.
Paolo Guzzanti parla di mignottocrazia. Che facciamo? Insegniamo ai nostri figli che è inutile impegnarsi e studiare ma imparare a vendere al meglio il proprio corpo? Che non è importante costruirsi una cultura ma costruirsi un bel corpo!
Una volta c’era la consolazione della dignità personale, familiare, sociale.
Oggi la tv umilia le vere donne e fa apologia dello spregio trasmettendo una realtà tanto dannosa quanto falsata.
Oggi è pieno di programmi "tidicocometruccarti" o "macometivesti" inseguendo sempre il gusto della seduzione, che sembra l'unica cosa che conta.
Anna Magnani, in tutta la sua autenticità, al truccatore che voleva coprire le rughe prima di entrare in scena, diceva: «Lasciamele tutte, non me ne togliere nemmeno una, ci ho messo una vita a farmele».
Per fortuna ci sono anche delle grandi donne, ingegneri, medici, insegnanti, casalinghe o centraliniste, che non si lasciano traviare da questo stato di cose e vivono la loro vita libere da costrizioni di genere.
Questo non vuol dire che non mettono i leggins o non si truccano o non si vestono eleganti o non seguono diete... Vuol dire che se lo fanno, hanno scelto di farlo per loro stesse e non per le imposizioni sociali.
Le donne sono il centro della vita degli uomini, il loro punto di riferimento: provate a criticare la mamma di un uomo...
Secondo me è un misto di insicurezza e orgoglio ad averli spinti, sempre, a discriminare la donna per la paura che lei riuscisse a far qualcosa meglio di loro.

L'unica cosa che dobbiamo fare è non stare al loro gioco ed essere noi stesse, perché uomini e donne non sono uguali ed è questa la nostra forza.

Esterno Crepuscolo

Esterno- Crepuscolo Si attacca ai comignoli il tramonto stasera le nuvole volteggiano travestite di rosso La mente fa lenti balzi tra le cos...