sabato 19 dicembre 2015

In mancanza del caffè...

Post scritto su un blocco di appunti mentre fingevo di seguire un corso a lavoro...

"Sono ad un corso noioso (dove noioso è un eufemismo) sulla certificazione di qualità e sto scrivendo per tenermi sveglia.
Ogni volta che disegno un fiorellino sul foglio, mi tornano in mente i fiorellini disegnati dalla mia mamma sui fogli accanto al telefono della casa dove abitavo da bambina.
Diamine, Darwin, avevi ragione anche sui fiorellini...!
E mi metto in cammino su lunghe vertigini di memoria e di assenza.
Le parole che sgorgano fuori da una penna sono più vere di quelle scritte sul pc o sullo smartphone.
La mano, a tratti, scorre veloce sul foglio, a tratti si ferma a mezz'aria come per afferrare una parola.
Sarà anche vero che la storia, anche la nostra personale, è maestra di vita, ma io, spesso, per quanto riguarda me, ho la memoria corta o l'ottimismo lungo.
Continuo a riporre fiducia nelle persone, come si fa con ago e fili nelle scatole di latta dei biscotti, con l'illusione, poi, di trovarci qualcosa di buono.
Non credo, assolutamente che ogni persona sia un'isola o meglio penso che, anche intorno ad un'isola per quanto sia profondo il mare, in fondo c'è la terra. "


venerdì 11 dicembre 2015

Classico post di fine anno

Di solito a fine dicembre si fa un resoconto dell’anno appena trascorso e si stilano i buoni propositi per l’anno che verrà.  
Di solito si parla di mettersi a dieta, andare in palestra, spendere meno, smettere di fumare, smettere di bere, leggere di più, stressarsi di meno…e altri classici del cinema fantasy.
Ma alla fine si sa, i buoni propositi restano tali e verranno riproposti esattamente allo stesso modo, se non incrementati dopo 365 (quest’anno 366) giorni.
Il fatto che oggi sia l’11 dicembre e io stia già parlando di fine dicembre è solo indice della mia voglia di Natale e di ferie.
Sta di fatto che il 2015 volge davvero alla conclusione e il 2016 si avvicina prepotentemente. È passato un altro anno e diventiamo tutti più vecchi e più saggi.
Ci sono i discorsi ben articolati, poi c'è la sincerità sgrammaticata delle emozioni.
Ovviamente io non so fare un discorso articolato.
Vorrei dire tante cose.
Vorrei ringraziare a una a una tutte le persone, che hanno contribuito a rendere il mio 2015 un anno pieno di belle emozioni.
Qualcuno un po' di più, ma lo sa. Qualcuno un po' meno e probabilmente non lo sa.
Vi voglio bene perché mi capite senza che io dica niente, altri non capirebbero nemmeno se gli dicessi tutto.
Mi fate sentire libera di essere me stessa.
Come quando da bambina indossavo le scarpe con i tacchi di mamma. E penso non si possa descrivere in altro modo, l'amore.
Ci sono pensieri che hanno un preciso tono di voce, i miei, adesso sono sussurrati come la buonanotte.
So che il 2016 sarà migliore del 2015, altrimenti a che serve andare avanti?
Io ci credo.
La parola del mio 2016 sarà resilienza, scoperta da poco grazie a Severgnini.
La resilienza è la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi, un modo più aulico e fico per dire “quello che non uccide ti fortifica!”.
Io non sono una di quelle che pensano che le cose succedano per caso ma nemmeno una di quelle che studiano la chiave per inserirla nella serratura al primo colpo.
Però ora ho deciso che voglio essere ottimista a tutti i costi: se sei ottimista il tuo focus è sulle possibilità e non sui problemi e gli errori, non sono errori, ma, costanti e ostinati, tentativi di crescere. E' tutta una questione di punti di vista.
Anche se a furia di guardare il bicchiere  mezzo pieno: mi è venuta sete!






martedì 1 dicembre 2015

La ricetta della sera

Il tempo sornione della sera,
la finzione di un cielo grande abbastanza
per fingere di esistere,
il calpestio delle suole
sull’asfalto
come briciole gettate nel vento
dalle tovaglie scosse.
La poesia che mi viene a cercare,
si fa strada attraverso meccanismi
d’orologio antico,
spinge tra le pieghe delle parole
e s’imbriglia tra i chiaroscuri
dei tramonti all'orizzonte.
E io sono nell'ombra a intingere lo sguardo
fra i volti della notte,
volti distorti da voglie,
inespressi e confusi desideri
sempre volti a un ieri,
che oggi non soddisfa.
Tu perdona gli attimi
e guardami,
ancora una volta,
come si fa con la neve.
Mentre la luce dà vita a un teatrino di ombre che affollano il bianco.
Ci sono tre o quattro piccioni sul cornicione
Vorrei fondermi con le loro ali
Planare via, volare piano e fare cose
Qualsiasi cosa, 
senza programmi,
solo istinto, fragore, abbaglio, rincorsa,
gocce di limone, manciate di zucchero e caffè.
E con un quarto di sogno e tre quarti di luna
sistemare i miei giorni.

sabato 21 novembre 2015

Pensieri sparsi...



Considerando che questo blog è nato in Francia con uno spirito goliardico, ritengo doveroso appesantire le mie strategie di leggerezza e dedicare un post diverso dal solito a quello che è successo ormai una settimana fa, in un venerdì 13 proverbialmente nefasto.
Non voglio stare qui a sottolineare morbosamente il terrore.
Quello che è successo è violenza pura, paura che toglie il respiro, angoscia che fa cadere le nostre certezze e ci fa sentire nudi e indifesi.
Ovviamente so che la morte così violenta, così insensata, così ingiusta e sbagliata non ha colpito solo Parigi e che ogni giorno nel mondo ci sono tante persone che vengono uccise brutalmente e senza motivo.
Ma la Francia è vicina, i francesi ci somigliano e sentiamo l'odore della paura più vicino a casa nostra.
Ma non voglio parlare del panico, degli obiettivi sensibili, del giubileo o del sospetto che inevitabilmente è cresciuto in ognuno di noi, soprattutto in chi vive in una grande città.
Voglio parlare della facilità con la quale la tragedia parigina e il doveroso ricordo delle vittime abbiano ceduto il passo alla speculazione e al populismo e alla facile retorica.
A cominciare dalle foto del profilo con il tricolore francese che facebook ha proposto con un opportunismo a dir poco indelicato.
Posso anche capire che uno il primo giorno la foto la metta per esprimere vicinanza e cordoglio, ma il secondo giorno è la bandiera di un paese che bombarda un altro paese con la tattica del "do' coglio coglio".
È come bombardare la Sicilia per sconfiggere la mafia.
Una cosa è certa. Se ci fosse stato bisogno di legittimare le azioni di guerra al terrorismo in Medioriente iniziate dopo l'11 settembre, dopo venerdì è tutto molto più semplice.
Siamo l'occidente figlio dell'illuminismo, ripetiamo da anni il mantra di libertè, egalitè e fraternitè e questo ci ha legittimato a pensare che l’unica storia vera sia la nostra.
Ma non siamo mai stati davvero capaci di applicare la libertà, l’uguaglianza e la fraternità, se non a nostro uso e consumo.
Ne sono esempio i 54 miliardi di euro che l'Italia, che ripudia la guerra, incassa ogni anno con la vendita delle armi. La nostra Italia che è patria di ignoranti e spesso ignoranti influenti che con tweet conditi di populismo e demagogia hanno alimentato e alimentano il concettualismo ristretto di buoni contro cattivi dell'italiano medio.
E chi sarebbero i cattivi? I musulmani, ovviamente. Non certo i terroristi, bensì i musulmani. Come se nel professare una religione, nel credere in un dio, in un altro o in nessuno ci sia nascosta una dose di violenza permessa.
Dovremmo smettere di definirla "guerra santa": sono azioni criminali di persone che usano la religione come alibi per seminare il terrore con il beneplacito di molti presunti "buoni".
La convivenza tra persone diverse ha bisogno di cultura della libertà e dell'educazione civica: due principi che l’evoluto Occidente non conosce e di cui finge di dare insegnamenti.
Dovremmo guardarci intorno e riconoscere che ormai l'Italia è un paese cosmopolita e non si può e non si deve aver paura del diverso perché ognuno di noi vuole essere compreso nelle sue proprie diversità.
Questo non vuol dire che io vivo tranquilla, che prendo la metro senza problemi o che andrò a Roma o alla Scala...

Ho paura dell'isis, certo.

Ma ho paura anche della superficialità, delle lauree in geopolitica prese su facebook, dell'odio razziale, dell'orripilante livore del titolo di Libero, dell’ottusità, dell’ipocrisia, della pochezza intellettuale e dell'ignoranza storica.
Voglio solo dire che io cercherò di vivere la mia vita con una dose maggiore di fatalismo perché tanto l'unica cosa che va secondo i piani è l'ascensore.
Mi sono accorta che ho scritto un po' di cose a ruota libera, che in realtà potrebbero sembrare un po' superficiali, retoriche e semplicistiche. Ma il blog è mio e non influenzerá le opinioni di nessuno!

mercoledì 21 ottobre 2015

Ma per andare dove dobbiamo andare...

"Ma per andare dove dobbiamo andare per dove dobbiamo andare?"
E come Totò e Peppino dopo tante peripezie e lunghe peregrinazioni sono arrivata anche io a Milano.
Con più o meno il loro stesso scetticismo. 
Dopo un primo periodo di studio antropologico del milanese tipico eccomi qui a rendervi partecipi delle mie opinioni. 
Ovviamente “milanese tipico” inteso in senso molto lato perché i milanesi a Milano saranno il 10% (o anche meno) delle persone che si incontrano.
Milano è piena di stranieri, di studenti e lavoratori fuori sede: sono i milanesi la vera minoranza.
Però ho notato che esiste la fastidiosa consuetudine che chi è qui, a volte anche da pochissimo tempo, assimila dei comportamenti sociali e linguistici dai quali io voglio tenermi lontanissima.
Il minimo comun denominatore è l'efficienza, il tempo è denaro e l'unica cosa che conta è il lavoro.
O almeno questo è quello che vogliono farci credere.
Ma io non ci sto.
E mi sono imposta delle regole di sopravvivenza.
1. Non correrò mai come loro. 
Dove cavolo corrono? Com’è possibile che sono sempre in ritardo?
Io ho un’altra filosofia: dato che qui che i mezzi ci sono e funzionano io vado con calma tanto se perdo un treno, un tram, un autobus dopo pochissimo ne arriverà un altro.
2. Le scale mobili si definiscono tali perché si muovono...da sole! 
E smettete di guardarmi storto se io apprezzo l’automatismo e non corro.
3. Salutare è educazione, rispondere è cortesia e se sorridi in metropolitana non si paga nessun sovrapprezzo.
4. Io non dirò mai e poi mai "LA Lucia" né tantomeno "IL Renzo". 
Se evitate di mettere l’articolo oltre a non fare errori, risparmiate tempo e forse potete correre un po’ meno.
5. Non dirò mai e poi mai "andare IN Duomo".
È  complemento di moto a luogo quindi si deve usare la preposizione articolata AL.
6. Non si dice: "Ci possiamo incontrare pomeriggio perché settimana prossima sono impegnata". 
Bensì si dice: "Ci possiamo incontrare NEL pomeriggio perché LA settimana prossima sono impegnata".
7.“TE che ne pensi?” "TE come stai?"
Usa una qualsiasi di queste espressioni e io non ti risponderò.
La grammatica insegna che il pronome personale soggetto è TU, te si usa solo per i complementi.
8. "Cosa costa?" Non è la domanda giusta per conoscere il prezzo di qualcosa a meno che non vogliate pagarla col baratto.
La cosa che non sopporto è che hanno la convinzione che il loro modo di parlare sia il solo corretto al punto da credere che alcune loro espressioni dialettali facciano parte del vero e proprio italiano.
Per esempio “schiscetta” in italiano non esiste, ma se provi a farglielo notare stentano a crederci.
Senza considerare tutte le espressioni “da ufficio” che sto imparando a sopportare, ma che mi auguro di non usare mai.
• Che vuol dire calendarizzare? Ma che verbo è schedulare?
• Io sono sempre al telefono, ma non mi sognerei mai di dire “sono in call”.
• Ma deadline cos’ha in più di scadenza?
• Matchare sarà pure evocativo e pregno di significato ma secondo me non si può sentire!
Queste alla fine sono cavolate che fanno venire l'orticaria a me e pochi altri fissati però...
Ovviamente non sto qui a generalizzare, mica sono francesi? 
Riconosco i punti positivi di Milano, semplicemente non sto qui a sottolinearli.
A risentirci ASAP

lunedì 3 agosto 2015

Cercasi apprendisti...con esperienza

Sono sparita, è vero.
Fa caldo e io ho il radiatore rotto.
Ma oggi piove e la temperatura mi permette di appoggiare il pc sulle gambe e permette al mio cervello di pensare.
Ed eccomi qui a sfogarmi per la frustrazione, l'esasperazione e lo stress degli ultimi mesi.
Da oggi vado in ferie.
Ho proprio bisogno di ferie dal "mio lavoro".
Il mio ultimo lavoro è stato cercare un lavoro. Spendere energie, denaro, fegato e pazienza per fare colloqui.

Navigando un po' in rete è pieno di vademecum per il perfetto colloquio con consigli, domande tipo, risposte giuste e abbigliamento adeguato. Li odio.
Io voglio essere assunta per quello che sono, so fare e posso imparare cioè per le mie competenze e capacità, non certo perché ho risposto correttamente a domande del tipo "in che animale ti identifichi?" o "sei solito fare i regali?". Non sto dicendo che non ci sia bisogno di una valutazione psicologica, cosa ce ne faremmo altrimenti di tutti questi psicologi disoccupati?, ma sono stufa di iter selettivi lunghi, sfibranti e spesso inutili.
Ormai tutte le aziende fanno un minimo di 3 colloqui, tra hr specialist (lo psicologo non disoccupato di prima), colloqui di gruppo, test di inglese, test sulla personalità, test di logica, test sulla leadership, colloquio stress, colloquio tecnico, colloquio conoscitivo, test psicoattitudinale....spesso più che colloqui sembrano sequestri di persona.
E alla fine, dopo aver superato i vari step, a volte, ti arriva il loro feedback positivo (ci sarebbe da scrivere un altro post sul gergo da colloquio step, iter, know how, feedback, cv pronunciato "sivi", assessment...) e c'è l'incontro finale, che suona un po' come il mostro dell'ultimo livello di Super Mario.
 E pensi "ho superato molte prove, ho speso un sacco di soldi di benzina, di autostrada, di albergo per ascoltare i discorsi sgrammaticati di quell'esaminatore o per stilare in gruppo un elenco di oggetti da portare su un'isola deserta ma finalmente sarò ripagata, avrò un lavoro e una mia autonomia.."
Il più delle volte la proposta è uno stage di 6 mesi con rimborso spese, cioè quando va bene 600 euro mensili e con 600 euro non ci vivi nemmeno in Molise.
L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro?
Non credo proprio...
L'Italia è una repubblica affondata sullo stage sottopagato.
No grazie, io sono choosy, come diceva qualcuno che il lavoro lo vedeva fare agli altri!
Ovviamente ci sono altre strade prima tra tutte scegliere di farsi raccomandare.
Sarà che io sono stata a cresciuta a pane e utopia o meglio a "caffè con un po' di utopia" ma questi costumi avallati da tutti mi fanno schifo.
Io detesto ogni tipo di piaggeria, servilismo, adulazione e sottomissione.
Io voglio farcela da sola.
Continuo ad essere ottimista, io ci credo nel "libro con le ali", metafora della libertà che ti può dare la cultura. 
Io ho studiato e voglio poter fare un lavoro che mi appassioni, che sia nelle mie corde, che rispecchi la mia preparazione e con uno stipendio che sia dignitoso...
Non mi voglio accontentare di qualsiasi cosa trovi, altrimenti perché mai sono andata all'università?
A volte ai sogni nel cassetto bisogna fargli prendere un po' d'aria!
So che ci sono degli angoli del mio carattere che devono essere smussati, mia mamma sono solo 28 anni che me lo dice. Mia mamma è la mia succursale di autocritica.
E io la ringrazio sempre per essere la negazione vivente di "ogni scarrafone è bello a mamma sua" e per essere sempre stata realista. So che quando mi fa un complimento è sincera e per me vale doppio.
Ma io sono il mio carattere, io sono i miei angoli aguzzi, la mia caparbietà e la mia acidità burbera.
Provare a cambiarmi è come cambiare l'olio ad una macchina a noleggio.
Sono come una farfalla viceré che ha la stessa colorazione della farfalla monarca e i predatori credono sia velenosa e non la mangiano. In realtà è del tutto innocua.

giovedì 19 marzo 2015

Catarsi

Cielo Ceruleo
Con Copiosi Cirri
Camminando Con Calzature Critiche
Cado Con Clamore
Causando Corale, Comprensibile Curiosità,
Commenti Cattivi, Calunnie.
Con Coraggio Continuo Canticchiando
Curo Con Calma Certosina
Certi Caratteri Caustici
Correggo Capricci Cretini
Con Capzioso Cinismo.
Cerco Carismatiche Conversazioni,
Calorose Carezze,
Congiuntivi Corretti
Capto Cenni Complici
Cambiando Colori Cupi
Con Colori Chiari
Creo Completa Catarsi!

mercoledì 18 marzo 2015

Semplicemente

Solo Stanchezza Sento
Salendo Senza Sosta
Su Sentieri Scoscesi
Supero Scogli Scomodi
Situazioni Scabrose
Segretamente Sogno
Soluzioni Sagaci
Senza Stranezze.
Sottile Speranza
Splende Sorniona
Sorrido Sognante
Scivolando Sulla
Sensazione Silente.

Sicuramente Sembrerà Strano
Scrivere Solo S
Senza Sostenenere Sicura Sapienza
Sto Semplicemente Sperimentando Simpatici Sollazzi

venerdì 23 gennaio 2015

Verso la laurea

É come una strana solitudine
questa rapida percezione del tempo.
Qualcosa di pruriginoso
nei minuti
che corrono fuori dalle lancette
e vengono ingoiati dalla porta bianca
dalla finestra chiusa
dal clima che cambia sempre idea
Solleticando le stelle
o scavando nella memoria
C'è sempre un'altra alba.
Una coperta di stelle
sopra l'eterno palcoscenico
e la mia mente ha i tempi
rugosi di una vecchia.
Seduta in una stanza che non conosco
rubo versi
qui, in questa beata agonia
i pensieri diventano specchi
un'eco mi racconta di un tempo
che ero un'altra
di tutte le possibilità 

di allora
Ora
quale sono?

Esterno Crepuscolo

Esterno- Crepuscolo Si attacca ai comignoli il tramonto stasera le nuvole volteggiano travestite di rosso La mente fa lenti balzi tra le cos...