mercoledì 21 ottobre 2015

Ma per andare dove dobbiamo andare...

"Ma per andare dove dobbiamo andare per dove dobbiamo andare?"
E come Totò e Peppino dopo tante peripezie e lunghe peregrinazioni sono arrivata anche io a Milano.
Con più o meno il loro stesso scetticismo. 
Dopo un primo periodo di studio antropologico del milanese tipico eccomi qui a rendervi partecipi delle mie opinioni. 
Ovviamente “milanese tipico” inteso in senso molto lato perché i milanesi a Milano saranno il 10% (o anche meno) delle persone che si incontrano.
Milano è piena di stranieri, di studenti e lavoratori fuori sede: sono i milanesi la vera minoranza.
Però ho notato che esiste la fastidiosa consuetudine che chi è qui, a volte anche da pochissimo tempo, assimila dei comportamenti sociali e linguistici dai quali io voglio tenermi lontanissima.
Il minimo comun denominatore è l'efficienza, il tempo è denaro e l'unica cosa che conta è il lavoro.
O almeno questo è quello che vogliono farci credere.
Ma io non ci sto.
E mi sono imposta delle regole di sopravvivenza.
1. Non correrò mai come loro. 
Dove cavolo corrono? Com’è possibile che sono sempre in ritardo?
Io ho un’altra filosofia: dato che qui che i mezzi ci sono e funzionano io vado con calma tanto se perdo un treno, un tram, un autobus dopo pochissimo ne arriverà un altro.
2. Le scale mobili si definiscono tali perché si muovono...da sole! 
E smettete di guardarmi storto se io apprezzo l’automatismo e non corro.
3. Salutare è educazione, rispondere è cortesia e se sorridi in metropolitana non si paga nessun sovrapprezzo.
4. Io non dirò mai e poi mai "LA Lucia" né tantomeno "IL Renzo". 
Se evitate di mettere l’articolo oltre a non fare errori, risparmiate tempo e forse potete correre un po’ meno.
5. Non dirò mai e poi mai "andare IN Duomo".
È  complemento di moto a luogo quindi si deve usare la preposizione articolata AL.
6. Non si dice: "Ci possiamo incontrare pomeriggio perché settimana prossima sono impegnata". 
Bensì si dice: "Ci possiamo incontrare NEL pomeriggio perché LA settimana prossima sono impegnata".
7.“TE che ne pensi?” "TE come stai?"
Usa una qualsiasi di queste espressioni e io non ti risponderò.
La grammatica insegna che il pronome personale soggetto è TU, te si usa solo per i complementi.
8. "Cosa costa?" Non è la domanda giusta per conoscere il prezzo di qualcosa a meno che non vogliate pagarla col baratto.
La cosa che non sopporto è che hanno la convinzione che il loro modo di parlare sia il solo corretto al punto da credere che alcune loro espressioni dialettali facciano parte del vero e proprio italiano.
Per esempio “schiscetta” in italiano non esiste, ma se provi a farglielo notare stentano a crederci.
Senza considerare tutte le espressioni “da ufficio” che sto imparando a sopportare, ma che mi auguro di non usare mai.
• Che vuol dire calendarizzare? Ma che verbo è schedulare?
• Io sono sempre al telefono, ma non mi sognerei mai di dire “sono in call”.
• Ma deadline cos’ha in più di scadenza?
• Matchare sarà pure evocativo e pregno di significato ma secondo me non si può sentire!
Queste alla fine sono cavolate che fanno venire l'orticaria a me e pochi altri fissati però...
Ovviamente non sto qui a generalizzare, mica sono francesi? 
Riconosco i punti positivi di Milano, semplicemente non sto qui a sottolinearli.
A risentirci ASAP

Full time

Abbandoniamo i luoghi dell'inconscio e vestiamo il quotidiano disincanto con coscienza ed eleganza Il rumore del caffè dà una sferzata a...