mercoledì 23 novembre 2016

"La gente è il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto"

A Milano è iniziata la stagione delle piogge.
Ho capito il motivo dell'alta produttività dei milanesi e della loro fissazione per il lavoro: che alternative hanno al lavoro se fuori è grigio e freddo e piove? 
Come dice sempre mia mamma, la parola è d'argento ma il silenzio è d'oro.
Ma siccome io seguo i consigli che mi danno solo se corrispondono alle decisioni che ho già preso, non sto zitta e scrivo usando questo blog come valvola di sfogo.
Mai visto così tanta gente vivere fuori dalla lealtà. 
L'adulazione fallace e la falsità ipocrita che riempiono i nostri uffici mi fanno venire la nausea. 
Il proliferare dei falsi validi che occupano posizioni di rilievo mi provoca l'orticaria.
C'è troppa gente che si occupa solo di gestione strategica dell’ego degli altri tramite elogio cross-mediale del loro operato.
E poi ci lamentiamo del lavoro che non c'è e delle cose che non funzionano?
Dovrebbero imparare tutti ad affrontare la vita come facevano i romani nella suburra: tenendo alta la toga per non sporcarla.
Io voglio rimanere pulita. Voglio avere fiducia nel prossimo. 
Voglio la meritocrazia, ma veramente. Voglio la leggerezza dei miei (quasi) 30 anni. Voglio la purezza degli ideali con i quali sono cresciuta. 
Voglio perdere tempo senza sprecare nemmeno un minuto
Come diceva Pablo Neruda: "Lentamente muore chi non abbandona la certezza per l’incertezza di inseguire un sogno."
La ricerca dell’essenziale, il ritorno alle origini e a una condizione di originaria fragilità.
Io e la mia voglia di perdermi da qualche parte in giro per il mondo.
O di far naufragio negli occhi di una persona speciale.
Tornare ad essere fragili, inermi, com'era in origine.
Mi manca il mare. 
Non il caldo, l’estate, la sabbia bollente, i castelli, i tuffi, i libri sotto l’ombrellone e la spensieratezza delle vacanze.
Mi manca proprio il mare, adesso, d’inverno, d’autunno, in primavera, sempre.
Mi manca quello spettacolo luccicante e maestoso.
Mi manca averlo di fronte tutti i giorni, credo che chi è nato con il mare dentro gli occhi e fuori dalla finestra, abbia una testa diversa da tutti gli altri, perché l’orizzonte del mare consente pensieri liberi e infiniti, cura le vertigini e l'horror vacui, regala un senso di appartenenza e rimette tutto nelle giuste proporzioni.










giovedì 27 ottobre 2016

Pascoli le chiamerebbe Tamerici

Ultimamente apprezzo sempre più le cose lievi, inconsistenti, quasi evanescenti, la neve, le nuvole, la nebbia che nasconde le cose e allo stesso tempo le svela.
Ma anche i flash, le scintille istantanee dei filobus, che mi destano dai miei pensieri e un attimo dopo svaniscono.
Io ci vedo della poesia nella brace che si consuma lenta mentre cuciniamo all'antica, quando non eravamo ancora figli della fretta, nella cenere che cade silenziosa dalla grata come neve sporca, da albero a legna a cenere, dalla maestosità della chioma all'evanescenza della polvere.
È come camminare nel chiarore dell’alba, affondare le mani nella cenere ormai fredda e ritrovar la vita che è appena stata e sentire tra le dita la memoria lunga del tepore.
Abbiamo tutti pezzi di strada sparsi in giro, tra grumi di verde, di cemento e di fango. E non riesco ad afferrare con lo sguardo neanche le mie orme nei giorni di ogni giorno, dondolando tra pruriginosi e attanaglianti nichilismi.
Ma nascosto nella nebbia, dietro le parole di un’altra anima, chiusa in un mondo piccolo, riesco a centrare il bersaglio. E mi sale una nostalgia che gira a vuoto come un’ape che ronza senza fiori. 
L’abbraccio in cui sarò in pace ha il rumore dei pattini sul lungomare quando è già sera.
Certi suoni li sento nel cuore prima che nelle orecchie e certe luci dalla via del nervo ottico mi prendono dritte la strada dell’anima e ne rischiarano il fondo.
Suoni e luci come quei sassi grossi piazzati a pelo d’acqua sopra il fiume che ti aiutano a ritrovarti sull'altra sponda. E l’altra sponda altro non è che l’altra faccia della luna, il lato bello delle cose, che non sono cambiate loro ma sei tu a vederle in altro modo.
L’obiettivo è non imparare la rotta ma ricordare il mare.

mercoledì 24 agosto 2016

La forza della vita

Ha ottenuto il secondo posto nel concorso "Cuore Spezzato" ed è stata pubblicata nell'omonima raccolta.

I ricavi andranno in beneficenza per le popolazioni colpite dal terremoto. 

Ne sono fiera!

La Forza della vita

Ogni singhiozzo della terra
è devastante

10 secondi
morte terrore rumore
puzza urla rabbia

Il buio circonda lo sgomento
svaniscono i sogni
evaporano i sacrifici

Le lacrime
arrugginiscono le guance

Ormai è finito quello che c'era.
È cominciata un’altra cosa.
Non si sa ancora cosa sarà.

Metto a fuoco l'infinito
come da bambina
prima di addormentarmi.
Quando non resta più niente
si afferrano i ricordi

Le stelle sono morte
i razionali desideri di vita
sono negli occhi di chi
domani,
con coraggio
poserà una nuova pietra,
aggiusterà gli orologi,
cucinerà una amatriciana
e fanculo terremoto.

giovedì 28 luglio 2016

FAMIGLIA

E’ estate, il caldo ha una tenacia indifferente alla mia insofferenza.

Tornare a casa è guardare il mare, custode del silenzio di certe mattine di luglio, che mi regala la possibilità di una prospettiva capace di ridimensionare le cose.

Il luccicore negli occhi di mio padre, quell'impercettibile movimento dell'angolo della bocca di mia madre, che si alza e, senza volerlo, sorride, racchiudono la sensazione di “tutto a posto”.

E ho voglia di graffettarla al resto per non perderla e salvaguardare la vita in costante disequilibrio tra le scelte e i desideri.

Intrecciamo mondi di parole superflue ma l’essenziale è negli abbracci stretti di mia sorella che ogni volta che parto sembra che vado in guerra.

Vi voglio bene

giovedì 16 giugno 2016

Allarme grandine tra poco al Nord, 40° al Sud.

Quando sono di umore incerto, nel senso che sono indecisa tra il farmi cogliere dalla nostalgia o virare verso la moderata gioia di vivere, penso alle rette parallele.
Così lontane, così vicine, così….

 Anziché starmene qui a ruminare pensieri, a forzare silenzi, parlo o meglio scrivo, tanto, a ruota libera, delle cose più disparate, dall'economia dell’Uganda alla collezione primavera-estate di Armani.
Non faccio discorsi strutturati, mai. Non sono mai riuscita a restare nemmeno nei margini.
Nei quaderni, a scuola, oltre alle righe orizzontali c’erano agli estremi della pagina due grosse righe verticali, una per lato, che erano il limite che non dovevi superare.
Beh, io non riuscivo a stare dentro quei confini così netti, non volevo andare a capo, avevo ancora da dire qualcosa su quella riga e non su un’altra, come un pensiero che non vuoi interrompere.
Non mi è neanche mai piaciuto scrivere sulle righe né sulla pagina a sinistra.

Ecco perché uso i fogli bianchi quelli delle risme delle stampanti, non so perché, forse è il mio modo di pensare che coi piccoli gesti si può cambiare il mondo.

Anche nello scrivere di oggi non sto seguendo una struttura, Pindaro sarebbe fiero di me. 

Rimango a fissare un punto indefinito fino all'imbrunire, mi sembra la mia conquista quotidiana dello spazio, qui, lontano, in un giugno che non accenna a diventare estate.

Ogni luogo è buono per fermarsi... e per scoprire che le rette sono sghembe e mi manca casa.

Mi manca la quiete, quella dei panni stesi da un lato all'altro della strada, dei paesi in cui il tempo si è fermato e il pomeriggio profuma di caldo e di caffè.
Mi mancano i muri un po’ scrostati, che non sanno di degrado ma di vissuto.
Mi manca il clacson usato per salutare e non per la nevrosi della fretta, che tanto, giù il lavoro non c'è, quindi dove corri....
Mi manca l'odore del sale che arriva dal mare, disperso nell'aria come nell'acqua della pasta.

È tutto qui il nostro andare, veloce o lento, da un capo all'altro di questo tragicomico tragitto, ma la meta è sempre casa.

domenica 5 giugno 2016

Una piccola candela

Immobile sul mondo
che sopito dorme
E riempie di sogni questa notte
Deserta di noi, regina di se stessa.
Una luce debole di candela
trema ma senza spegnersi
Incapace di dar luce
ad un quadro che non vedo.
Nell'acme del suo tremore
seguo le orme
di chi cammina in punta di piedi
Vicino
Fino ad annusare i pensieri
Inaspriti dalle volute di fumo
di questa densa quotidianità.
Quanto timore di uscire dal varco
che la vita ci impone.
Quanta indifferenza
negli sguardi della gente.
Troppa nebbia e troppa poca luce.

Mentre uso l'immaginazione
Per creare la mia stella
nel cielo dell'istante

Il silenzio stringe
i cardini del mondo
e la paura diventa virtù
nelle mani dell'artista.

A fare contrasto
il persistente suggerimento
di graziose icone imperanti
E io resto in bilico nella
siderale magia di un fermo immagine
di quella che potrei essere io.

venerdì 27 maggio 2016

Sconnessione

Profumo di fiori lungo la strada di traffico lento e pensieri veloci.
Forse è primavera. C’è l’aria leggera della scuola che sta finendo e della polvere tolta dalle valigie delle vacanze che si avvicinano.
Anelo al famoso ostinato e dolce altrove.
Oggi mi sento ispirata
Domani, forse vedrò, attraverso l’inchiostro, i segni instabili di pensieri sconnessi, di code ingiustificate, di attese infinite. 
Accanita sfiducia nelle stelle nelle notti che non sono mai puntuali.
Quest'ombra di luce mi tiene al riparo.
Su un angolo della chiesa immobile, su una carezza timida, su un pensiero che non dà nell'occhio.
Allaccio le dita al cuore, dimentico come si fa a scrivere quello che sento e a custodire un posto solo per me 
Sento che devo piegare la testa in un senso diverso, creare un angolo non ancora provato e slacciarmi le scarpe e correre a piedi nudi sul prato.
Ci vorrebbe l’audio per apprezzare il silenzio e odorare i colori per scegliere le sfumature.
Scoprire l’effetto che fa. Su di me. Sugli altri.
Leggere tutti i titoli di coda, quando la pellicola va veloce e il pubblico esce dalla sala raccogliendo giacche e popcorn rimasti sulla sedia.
In un tempo fatto di attese, con la mia mente che è un aquilone, mi perdo in pensieri contorti.
Non ci sono mai abbastanza arcobaleni né abbastanza temporali, e io, dentro con il rumore della pioggia e fuori il nulla.

Ho bisogno di sincronia e di girare a destra al prossimo semaforo.

mercoledì 13 aprile 2016

“Viviamo tutti sotto lo stesso cielo, ma non tutti abbiamo il medesimo orizzonte.”

É tempo di orizzonti aperti, di visioni che superano un confine.
Leggerezze preziose ad ogni passo
Un’accortezza in ogni direzione,
così sarebbe bello
riuscire a conoscere tutte le parole
e poi non essere ancora nulla di nuovo.
Eppure pesa il pensiero,
come cadere nel vuoto.
come quando ripeti una parola all’infinito
 e non  ricordi più cosa voglia dire
Mi piace ascoltare il silenzio
per far ordine nella mia mente.
Questione di istanti
Colti, nell’atto di mimare la felicità.
Ci ritroveremo tutti in fondo,
sotto le stelle stanche di guardarci,
Ammassati al buio,
a misurarci gli uni contro gli altri i passi fatti
E non importano le tante pagine lette,
la storia la viviamo per attimi,
La vita passata la scorgiamo nelle righe nascoste tra le rughe,
nelle parole brevi incastrate tra ferite e cicatrici.
La luce muore in un punto imprecisato dietro la torre.
Vedo l’oceano davanti agli occhi e un orizzonte rosa da respirare.
 C’è una barchetta che naviga verso il largo e arriva lì, a tracciare una scia evanescente nei miei ricordi.
Di notte le strade sono lisce e silenziose.
Cammino senza fretta perché già so che a casa tanto non prenderò sonno.
La fiducia è una rete di schegge di vetro levigate dal tempo.
Si espande e copre tutto ciò che è nella testa. Lo cura e lo rafforza. Lo rende chiaro. Bello.
Questa notte ho fatto la lista della spesa, mentre dormivo.
Nella lotta tra lucidità e inconscio, dichiaro quest’ultimo vincitore incontrastato nel campo della creatività. 
Fossi poi abile a riportare quelle sensazioni e quelle atmosfere, mi adorerei e mi basterebbe leggere me stessa, per entrare nella mia ristretta ed esclusiva cricca di menti colte e raffinate, ma non lo sono.
Trattengo i termini, trattengo le immagini che si muovevano nel mio sogno. Trattengo gli attimi. Ma non è la stessa cosa. Non è neanche lontanamente la stessa cosa. Forse saper dipingere aiuterebbe.
O essere bambini, prima della corruzione del linguaggio, prima della necessità di capirsi e di farsi capire.
Pare che l’inconscio non riconosca le negazioni. Me lo ricorderò la prossima volta.
“Leggi fuori dalle righe, colora fuori dai margini. Sogna fuori dai cassetti, ché a sognare nei cassetti si cresce sonnambuli”.

venerdì 11 marzo 2016

E comu simu?

E comu simu?  =  Com'è? tutt'appost? (Sto imparando il calabrese)
-le fil rouge degli incipit delle telefonate quotidiane verso la terronia-

C’è un demone, quando vivi lontano, che si stringe alle tue spalle non appena superi la soglia della porta di casa, e rimane lì, con te, dorme raggomitolato a fianco al cellulare, sussurra qualcosa quando chiami casa e senti una voce un po' strana, un po' di tosse, non è niente, tutto a posto, tutto come al solito, e mentre il demone ridacchia magari ti solletica l'ombra di un sospetto, ma sei lì, impotente
Non puoi cambiare teorie secolari e inclinazioni familiari che, forse si basano proprio su quel comune tacito accordo di evitare inutili ansie, così da alimentare la malizia e il dubbio, a te a chilometri di distanza, ma forse esageri, perché poi dormi tranquilla, non ci pensi, ti ci abitui, mentre il demone del "non ti abbiamo detto niente per non farti preoccupare" è sempre lì con te, in perfetta salute.
E allora facciamola qualche telefonata in più. E diciamoci le cose.
La verità è in ogni piccolo messaggio che mi arriva la mattina, nelle parole che non ci sono scritte.
E' come un tavolo in legno d'ebano, nero come il cuore che stringe i dolori.
La verità è come un camino acceso, con i carboni ardenti, in una stanza bianca come l'assenza .
Sono tutti via: inseguono il vento con le finestre chiuse. Ma quando il gelo implacabile preme, nessuna idea resiste.
Voglio andare al mare. Voglio giocare con la sabbia, lasciarla scorrere tra le mani, come i bambini. Riempirmi un palmo e farla scorrere nell'altro, seguirla con gli occhi mentre viene risucchiata dal vuoto tra le dita, e poi ricominciare.
Cerco la stessa ipnosi nella frenesia della città, nelle chiacchiere rumorose dei tavoli di un bar passando come una meteora silenziosa, tra mille diversità di destini, tra pianeti raggruppati in orbite di empatie casuali.
La trovo in una clessidra, mentre fisso la sabbia inghiottita dal centro che ubbidisce alla forza di gravità, fino a posarsi lenta sul fondo con i salti degli ultimi granelli in ritardo.
E poi la giro di nuovo, quasi fosse una magia e lasciare che continui a scorrere, inarrestabile, come la vita.


martedì 16 febbraio 2016

Una semplice linea curva

Oggi non è tempo di pensieri complicati o di orizzonti aperti, è solo un giorno di semplici idee che superano un confine.
È un giorno qualunque.
Voglio fare l’elogio del giorno qualunque, dare valore alle piccole cose che riempiono la mia vita.
È una linea curva, in alcuni giorni orientata verso l’alto, in altri verso il basso.
È il movimento di una mano che spiega più delle parole, come il segno del pennello sulla tela o il sottile sorriso della luna al primo quarto, quando il cielo altrimenti sarebbe nero, è la grazia di una virgola in una poesia che mi emoziona, pausa necessaria per l’incanto, l’inarcarsi delle sopracciglia per un nuovo stupore.
Voglio spezzare le sillabe smorzando parole e sorrisi, voglio guardare insieme il nostro enorme nulla o il nostro piccolo tutto, lisciandone i bordi e riversandoci dentro trecento cinquantatré banalità così da ottenere una distinta eco per trecento cinquantatré volte, soddisfatti delle leggerezze preziose del nostro rassicurante costrutto esistenziale, messo su insieme.
Abbiamo quella sensibilità magnetica essenziale agli spostamenti, un modo per restare aperti all'utopia.
In ogni caso mi commuovo perché amo l’astrazione della linea curva, la sua timida superbia, l’accenno a una perfezione a cui rinuncia.
Hai presente il sole mezz'ora prima del tramonto, quando ancora non ha il fuoco malinconico della morte ma finalmente ha perso l’arroganza dello sguardo? Il sole che non sopprime l’ombra ma la proietta lunga e delicata con la dolcezza di un abbraccio? Ecco, tu sei così.
Grazie a te mi sembra di vivere perennemente in quella mezz'ora sospesa, con gli occhi che guardano lontano e la mente che intiepidisce le cose.
Ecco come si fa in questa vita a restar sani, a districarsi dal pantano e riprendersi da ogni degradazione e resistere al vuoto e ad ogni passo riuscire a guardarsi in quel modo e poi non essere, per fortuna, nulla di nuovo.

E affidarci reciprocamente all'intangibile autenticità degli sguardi.

Sempre.



venerdì 12 febbraio 2016

Souvenir


Sprazzi di luce
si rincorrono
ondeggianti
nel crepuscolo dorato
Vibra l'aria 
in un capriccio di nuvole
e illusioni d’incanto
Come ladri del tempo,
cercatori d'eternità
rubiamo istanti alla vita
tagliuzzando infiniti attimi
in poche note 
frazioniamo i giorni futuri
in attimi di vita che si fanno versi,
poesia di respiri
della fugace meraviglia.

venerdì 5 febbraio 2016

“Bisogna assomigliare alle parole che si dicono. Forse non parola per parola, ma insomma ci siamo capiti.”

Una stanza vuota, mi osserva sardonica, strapiena di aria.
Mi piace la pietà della polvere, granelli che preservano il passato, però non sopporto questa specie di fuliggine, la patina d’ambiguità che avvolge e impantana il mondo. 
Diffido del silenzio e mi fanno paura le parole.
Sono un azzardo, una pretesa ingenua di chiarezza a tutti i costi.
Spesso mi confondono, con la loro ipocrisia, sono come atteggiamenti subdoli, sorrisi obliqui.
Nascondono la tortuosità dei gesti, il doppiofondo dei rapporti che non sono mai quello che appaiono.
Odio le parole complicate, arrugginiti pensieri nei meandri della mente. 
 Spesso le parole nate per dire tornano utili solamente per tacere.
A volte penso che si dovrebbe fare come il pesce rosso nella boccia, quando muove le labbra come se dovesse dire qualcosa ma non emette alcun suono e tu al di là del vetro dovresti capire lo stesso.
Amo le parole semplici e sensate, allineate nero su bianco, nell’aria rare e rotonde.
Ho brama di autenticità che non sia innocenza ma nudità dell'intenzione, senza che nel breve percorso sinaptico dall’idea all’azione si camuffi in modo ambiguo.







mercoledì 27 gennaio 2016

Inesprimibile Silenzio



E' notte,
Accoccolata in me
danzo nel buio
su passi di stelle assonnate.

Occhi smarriti
tra vicoli deserti
Indossano
Il mio buio ferito.
Randagio, un ricordo dimentico
socchiude i miei occhi

Percepisco il silenzio
il respiro lento,
quasi trattenuto.

In religiosa
attesa,
mi osservo,
intrappolata nella nebbia:
tenera vibrazione di paura.

Occhi stanchi
che non sanno più vedere
gli arcobaleni nascosti.

La mia croce piantata
nei frammenti di cielo
è passione svettante tra le cose fatte a pezzi.
Avessi un popolo a piangere o schifarmi,
la chiamerebbero conversione.

C’è una candela nera
consunta
su un grumo di cera informe.
Una linea di luce.
una vecchia lanterna,
Luce tracciata da un sentiero di ombre.
un faro che non rischiara
gli angoli di mare morto.


Ma
Non voglio smettere di fumare
la rabbia dei sogni

Cerco note di affetto
che possano creare
una sinfonia di tenerezza

Evaporo in una nuvola rossa,
in una delle molte feritoie della notte
l’ultimo graffio
di quel cielo
dove riposa nuda
una ruga di luna

Poi si tace,
una volta ancora,
muti maestri d'imperizia
per quella sola nota
che resta da suonare.

mercoledì 20 gennaio 2016

Profumo di mare


Mani robuste,
segnate nelle pieghe
sotto i polpastrelli
Salsedine e sabbia
dentro le vene
e un cuore dolce,
cresciuto sotto il sole d'agosto.
Occhi sinceri,
silenziosi e profondi,
Incapaci di frantumare
un solo granello farneticante.
Il sole ammiccando tiepido
nella timida discesa del tramonto
illumina i sassi,
adagiati
lungo la costa
Si allungano
disfatti
come ombre nella notte.
Con mano tremante
soffochi
nella sabbia
lo scoccare delle ore
e sparpagli i miei pensieri
in un sogno
senza spazio.
Scorgo
respiri affannati
in corsie
senza tempo.
Una sola tua carezza
potrebbe racchiudere
tutta la dolcezza che il mondo
concentra nella culla delle stelle.




lunedì 11 gennaio 2016

Emicranie Elegiache


Ecco
Egidio ed Edoardo
Entrambi Esordienti
Esaudiscono Esigenze Elevate
E Encomiabili
E
Esplorano
Equilibrati Equinozi.
Ermete, Erudito Editore Enciclopedico,
Esclama Entusiastico 
Elogiato Epigramma Eptasillabo.
Eppure
Entrambi
Errano
Estraendo Estasi Eterne.
Equivocato, 
Esigendo Equilibrio,
Esprime Essenza,
Espone Etimologia,
Esplora Espedienti,
Euforico Evoca Enunciati.
Emozioni Eleganti
Esili Esitazioni
Elementari Espressioni
E Esclamano Evviva!
Entrarono Esordienti
E
Escono Eroi Epicurei Entusiasti.









venerdì 8 gennaio 2016

Caos

Effimera apparizione
di un equilibrio
instabile e istrione.
Il calore invade l'anima,
un brivido freddo striscia tenero
sulla pelle.
Ad occhi chiusi
disegno coi polpastrelli
scie d'identità
ed eteree circostanze

Dopodiché il silenzio abbatte il suono
attraversato solo da un unisono respiro,
sfinito tra l'incanto
e una cerniera d'ideali ormai difettosa.
Solo così
riesco a scorgere l'infinità della tua iride,
approdo del mio affannarmi
verso la vita.




mercoledì 6 gennaio 2016

"E quindi RIuscimmo a riveder le stelle..."

A Milano non si vedono le stelle.
Mi manca guardare il cielo buio, il mare, le luci dei lampioni e la Pilkington così imponente e le barche dei pescatori e il faro di Punta Penna e il suo ritmo cadenzato...E una miriade di stelle.
Mi manca il rumore del silenzio invernale.
E le onde del mare che lambiscono i miei pensieri di giovane donna e figlia e sorella.
Sono sempre stata come un negativo, non nel senso di pessimista, nel senso che per capirmi devi guardare controluce.
Siamo consumati dall'abitudine, disillusi dall'esperienza, bloccati dall'apatia e così, barricati
nelle nostre gabbie interiori, affannati a difendere le nostre convinzioni e troppo presi a lamentarci di quello che non va e ci dimentichiamo di quanto siano belle le piccole cose.
Voglia di attaccarmi alla vita, che ha mille volti e che non ne ha nessuno, che mi appartiene e che mi scivola via, che ferisce e che cura, che stupisce e che obbliga a crescere, che tira fuori il meglio e pure il peggio, insegnandomi la mia fallibilità e mostrandomi le mie potenzialità.
La voglio riempire come una grande scatola vuota fino a non poterla più chiudere. Voglio metterci dentro parole che vibrano, sguardi luccicanti, esperienze uniche, cuori che battono, anime che si amano con la curiosità che più cresci più diventa simile a quella dei bambini. Voglio metterci note, colori, odori, sapori. Voglio altre cicatrici sulla mia pelle, voglio dei ricordi belli, voglio altri sogni da rincorrere.
Voglio avere sempre lo sguardo verso l'orizzonte e muovermi verso quel punto anche quando sembra desolato e sconcertante. E, senza paura scoprire che succede.
Perché anche io, come tutti, ho una paura fottuta del futuro. Dei dolori, delle perdite, delle malattie, delle frustrazioni, delle delusioni, della solitudine, della lontananza. Però bisogna trovare il coraggio di affrontarlo, la forza di cambiare perché solo così si può provare a costruirlo.
Perché, se ci pensi, nel passato non sono successe solo cose belle, né nel futuro succederanno solo cose di merda.


Insonnia

Nell'inquieta luce della sera conto i miei versi ad uno ad uno per dormire in attesa di una rivoluzione. C'è bisogno di prudenza anc...