venerdì 29 dicembre 2017

Lontananza

Con gli occhi vicini alle parole
a rubare ogni giorno l'alba al giorno
Cercando, in un abbraccio,
di inseguire il sapore dell'amore.
Di una vita appena percepita.
In un mondo di valzer, stonato,
immobile nel mistero
di ore, speranze e parole dissipate.
Senza più tempo.
Immergo il cuore
nel colore dei tuoi occhi
così ad ogni battito
mi dipingi l'anima

Il sole declina all'orizzonte
e mi avvolge
nel mare che si perde con la sua onda.

giovedì 2 novembre 2017

Bianco di sera

Milano, esterno, sera, 10 gradi e tanto smog.
C’è la nebbia, la tristezza mesta dell’autunno.
Io con l’anima flessa abbandono lo sguardo all'orizzonte. Bianco e opaco.
Cammino incerta, senza una meta, ma con un perché. Sempre lo stesso. Sempre vero.
Un passo alla volta con tocco lieve, di attese silenziose, bramo la dolcezza dei momenti, la quiete degli abbracci, il calore delle pareti a strisce bianche e gialle come le vecchie cabine degli stabilimenti balneari.
Disegno assonometrie sulle architetture della mia vita.
Mi distraggo con una signora che porta a spasso il cane con il cappottino e la certezza di fare le cose giuste.
Gli affetti e le priorità.
Appoggio il piede storto. Come i bambini in equilibrio sul cornicione dei marciapiedi, bassi ma altissimi. Proiettati verso il cielo, in bilico sulla terra.
Mi sento su un tappeto volante che non fluttua ma arranca e sbuffa.
Come sull’incerto filo dei funamboli, sospesa.
Si pensa troppo spesso a come migliorare la propria vita. Completare le frasi e sforzarsi di renderle comprensibili agli altri. L'unico modo per mantenersi vivi è la leggerezza, la conseguenza più visibile è la semplicità.
Vorrei avere le stesse certezze di chi entra al supermercato, con la lista della spesa ed esce col carrello pieno delle stesse cose scritte sopra.
Invece io compro la vernice e il latte, il caffè e l’acqua ragia. 
Lo svolgimento di una simmetria che si complica nella perfezione.
Il dentro che rimane dentro. Il fuori che rimane fuori.
Intanto il cane è tornato nel suo loft umano, con la voglia di correre e di strapparsi via quel ridicolo cappottino.
Come me. Ma senza voglia di correre e senza cappotto.
Ma con la voglia di un orizzonte colorato e la speranza di una meta e di un perché. Sempre lo stesso. Sempre più vero.
A darmi fiducia c'è il perno del mio piede che poggia storto, agganciato come una piccola ancora alle certezze del mio cuore. 

lunedì 16 ottobre 2017

CRESCERE

Cerco la mia ombra
su un foglio bianco
una matita di legno sincero
quattro righe disordinate
una virgola, un pensiero.

Fuori è tutto nero,
la cornice lignea
sul muro giallo,
pende
in bilico
tra il cedere alla noia
e il cadere per la rabbia.

Sono sempre qui
tra due parentesi infinite
E' come una solitudine profonda
questa lenta percezione
di un tempo nascosto.

Ritrovo
tra i vicoli bui
brandelli di un sentimento
che non si definisce,
e si trascina doloroso
come un ubriaco abituale.

C'è bisogno di spazio
per il cielo azzurro
e di spazio per potersi sdraiare
e guardarlo.

Mi perdo
in un oceano di pensieri
fatti in punta di piedi
solleticando le stelle

Cerco un orizzonte
da inseguire
e uno dove fermarmi
a prender fiato

Respiro a pieni polmoni
l’odore della pioggia
e del tempo,
che non si può comprare
E,
al ritmo cadenzato
delle morbide lancette
Dipingo
la mia tela nera
con sprazzi di luce
e di futuro.

lunedì 11 settembre 2017

Profumo divino

Vestito di tiepidi giorni,

rifletti di luce dorata

Ti spogli di timide foglie

creando tappeti di sole.

Come in un dipinto,

mi perdo

nei filari ordinati sulla collina.

Tra irregolari vitigni

Splende il vermiglio della rigogliosa uva

in acini

come capezzoli a rilasciare

profumo e nettare.

I nidi delle rondini sono vuoti e soli

sotto il tetto della casa

accarezzata dai raggi del sole settembrino

Pronti i tini

sgorgano mosti tra risa e canti,

separati i raspi, pulite le bucce

Bacco, felice prepara le danze.

Il vento di tramontana

Sibila tra gli anfratti

il valzer dei moscerini

e affonda il sole all’orizzonte.

Presto zampillerà vino dalle botti,

meraviglioso regalo della

natura che non muore.


lunedì 3 luglio 2017

“Ahhhhhh com’è umano lei..”

Oggi Paolo Villaggio è passato dall'altro lato della nuvola.
Fantozzi, quando ero bambina, non mi faceva ridere.  Era maldestro e incapace. La sua sudditanza psicologica mi dava fastidio, mi faceva quasi rabbia.
Poi sono cresciuta e il ragionier Ugo mi è parso sempre più “Il prototipo del tapino, ovvero la quintessenza della nullità», come lo definì lo stesso Villaggio.
E alla rabbia come reazione ai suoi film si sostituisce un riso amaro, la risata che hai quando ti accorgi che gli occhiali che cerchi da mezzora li hai in testa.

Oggi credo profondamente che Paolo Villaggio fosse un genio.

Il ragionier Ugo Fantozzi è il nostro eroe della mediocrità
Ha impersonato l’italiano medio con le sue disgrazie e i suoi vizi, vittima delle miserie della piccola borghesia italiana. L’inferiorità connaturata, la vigliaccheria, la sfiga, il servilismo, la goffaggine e l’ignoranza.. Ma anche la simpatia.
Sì, la simpatia e l’affetto, che tutti hanno provato per il ragionier Ugo. E’stato una delle più riuscite caricature del mondo del lavoro di qualche anno fa. Non esiste l’equivalente riferito al mondo del lavoro di oggi, perché non è così semplice fare una caricatura comica di qualcosa che è già grottesco di suo.
Con profonda ironia è riuscito a cogliere la globalità dei pensieri degli impiegati prima delle globalizzazioni aziendali.
Oggi l’Italia piange Paolo Villaggio, ma continueremo a ridere e ad immedesimarci in Fantozzi.


E auguro 92 minuti di applauso a chiunque trovi il coraggio di ribellarsi alle varie corazzate Potenkin che il mondo del lavoro vuole farci sorbire. 

mercoledì 19 aprile 2017

"Non darmi il giusto peso. Dammi la giusta leggerezza”


Per darmi la giusta leggerezza stasera sono andata a teatro, ho visto "Gli amori difficili" di Calvino, non è una piéce teatrale,sono dei racconti portati in scena dalla ispirata regia di Lorenzo Loris.

E' una regia precisa, ragionata per immagini, per vignette, quasi fossero le illustrazioni viventi di un libro.

Grande protagonista è il geniale e istrionico Gigio Alberti, che interpreta diversi personaggi con una verve strepitosa e rispecchia a pieno la mia idealizzazione di "personaggio di Calvino", con la stechiometria narrativa e grammaticale che vedo nelle sue opere.

Questi racconti sono storie di stati d’animo, un alternarsi di fugaci incontri e interminabili attese fra i solchi concavi delle nostre assenze. Sono stati scritti tra il '57 e il '63, ma sono una perfetta rappresentazione delle storie d'amore di oggi. 
Lo spettacolo esprime egregiamente l'eterna lotta tra la voglia di solitudine e l'introspezione e la quotidianità e la normalità di un rapporto di coppia.

Ma non è assolutamente un inno all'amore, è un'esplorazione dei personaggi, dei protagonisti delle vicende di cuore: gli innamorati, ma soprattutto delle loro sinapsi mentali e degli itinerari tra il silenzio interiore e la vacuità delle parole.
E' un'analisi schietta delle sensazioni che normalmente mascheriamo o minimizziamo, e queste sensazioni hanno un suono, un rumore, una musica che sentiamo dentro di noi e che non sempre riconosciamo,
Nelle scenette rappresentate è evidente l' incontro tra la musica e i rumori dei pensieri del singolo nella coppia, spesso celati che vengono fuori in sordina grazie alla magistrale arte di Gemma Pedrini. 

La musica come catarsi psicologica è il vero valore aggiunto di questo spettacolo.

Alla fine lascia nel pubblico la consapevolezza quasi dolorosa della verità, scoperchia il vaso di pandora delle abitudini e delle consuetudini. Ha il potere di comunicare con estrema ironia e leggerezza la disillusione su quella vitale sciocchezza che consuma gli uomini e che chiamiamo amore.

Avete ancora tempo per andarlo a vedere, sono in replica fino al 30 Aprile.

mercoledì 12 aprile 2017

Déjà vu

Credevo fosse il tempo della risacca,
della tregua dopo una corsa affannata.
Ad ogni rintocco della coscienza
sento l’inesprimibile nulla.

Rintanata in un nido di silenzio
per riprendere fiato
Ti cerco nei rumori che non sento
Sotto questo cielo che è un deserto di parole
Nell'aria azzurra dei sorrisi di primavera
sussurrando per non far male al vento 

La verità è una sfinge,
un'eccedenza del cuore.
Si accosta ai silenzi delle case
schiude le finestre e fiorisce.
E' il tempo
per libere speranze,
rondini
che tornano sui rami 
con lo sguardo al domani.

Lento il giorno s’allunga
nell’affresco del cielo 
e da un taglio azzurro, cola già la luce.







lunedì 20 marzo 2017

A volte si va a caccia di qualcosa che si è cacciato via

Voglio scrivere.

Voglio scrivere una storia.

Una storia della strada, una delle tante strade possibili.
Una strada stretta, con tante curve,  tutta la strada che ho fatto per tornare al punto da dove ero partita,
ma con un panorama mozzafiato.
Tutte le strade, anche le più isolate hanno un vento che le accompagna.
Mi piace l'idea di avere un riparo da qualunque avversità e uno sprone a non cedere alla mia indolenza.
Voglio spolverare una torta e spolverare la mia camera.
Voglio l'enantiosemia di sbarrare gli occhi mentre mi sbarrano le porte.
Voglio stabilire una meta.
Provo a chiederlo all'aria e a quei comignoli, tutti uguali, che sfacciati puntano verso il cielo.
Quasi lassù ci fosse qualcosa da fare.

Voglio una bussola.Voglio un manuale.
Voglio scrivere  un manuale sulle bussole.
La bussola serve solo se l’ago funziona.
Voglio stabilire la meta. Che sia a sud.
Voglio colorare i pensieri e scrivere parole.
Parole diverse, parole vive, lontane dalle parole nascoste in qualche anima chiusa nel suo mondo piccolo, illusa di aver centrato il bersaglio.
Il mare ha tante onde e non finisce all'orizzonte.
Questione di attimi e di prospettive.

Full time

Abbandoniamo i luoghi dell'inconscio e vestiamo il quotidiano disincanto con coscienza ed eleganza Il rumore del caffè dà una sferzata a...