venerdì 9 novembre 2018

Lieve leggerezza

Lassù
la limpida luna
luccica languidamente,
limita la lontananza

Lungo la loggia,
Leggere lucine
le lacrime lungo le labbra
lungamente lasciate libere


Laggiù
la lampara lampeggia
lenta,
laboriosa

Le lenzuola
lambiscono le lettere
leggo liriche leggere
lasciando libera
la lussuosa libidine
e la luna lemme lemme
leva la luce:
lunedì.

L’insostenibile pesantezza della routine


Mattina, sveglia, doccia, vestiti a caso, caffè, freddo, auto, traffico, ufficio, caffè, discorsi vuoti, riunioni inutili, lavoro, pranzo, caffè, lavoro, auto, traffico, parcheggio impossibile aperitivo, cena arrangiata, casa, letto.
E domani...di nuovo...si ricomincia. UGUALE!
Goethe diceva che "una vita inutile è una morte anticipata". 
A volte c’è bisogno di perdersi.
Io ho sempre dei momenti in cui tentenno, dei bivi noti in cui esito.
Perdersi un po', dove è impossibile, mi viene facile. A volte giro più volte intorno a una rotonda, per convincermi che non mi smarrirò.
Ma ogni giorno mi accade, avanti e indietro da questa vita.
Ogni giorno mi perdo un po' e un po' mi ritrovo.

mercoledì 31 ottobre 2018

Il tramonto è per i distratti

Respiri profondi,
consumati
con gli occhi sporchi di sonno
all'ombra del silenzio.
Voglio  pochi attimi per stare alla finestra
e un foglio bianco
e una penna
per riempire di parole
il peso della libertà
delle leggere nubi in lontananza.

Le mattine più limpide
non hanno voce
nel rumore dell'inverno.

Uno spicchio d’alba
sveglia la natura,
e sento,
forte come il pane di ieri,
l’estasi di smarrirsi dell'anima.

Una folata di vento
spegne la candela
ma alimenta il fuoco:
l'alba non è per tutti

martedì 30 ottobre 2018

Caffè notturno

Bevo il mio caffè
in un angolo e
schivo il rumore amaro
della mia caverna.
La libertà
è nel buio della notte.
Tra distinti pensieri d'istinti
e sensuali persuasioni.
Il fruscio delle palpebre
batte irruento
rimbalzando nella testa.
Lo spazio diviene musica.
L'aria si fa pura essenza
e si plasma:
la dimensione evapora
ascoltando l'acuto fischio
del silenzio
un progresso grigio,
di un mondo carponi
che non sa più camminare.
Sale ogni volta un gradino
più in basso
e imbrunisce di cenere
metà della notte
senza tinta
e senza età

giovedì 11 ottobre 2018

Celo io

Nelle mattine più limpide
le pagine ruvide di un libro
suonano
gli agguati delle parole
senza voce

Mi restano solo scampoli di senno e
rimasugli di tenerezza:
li respiro piano
per non fare male all'aria

E quando il taglio malfermo
di ogni parola
annuncia
una nuova bozza di me…

Appaiono nell'aria,
sospesi
come fossero eterni
i bordi frastagliati,
di immobili cirri.

L'ombrello è blu
e l'orologio pieno di attese.

sabato 22 settembre 2018

Equinozio

La stagione cambia nome
non è caldo l'imbrunire
con il vento tra le chiome
È più facile morire

martedì 11 settembre 2018

Aperitivo in Spiaggia

Con i capelli salati
ed il sudore che scioglie
il ghiaccio nel bicchiere,

tra intervalli di nebbia
e bagliori rosso fuoco

Ho versato nel mare
ciò che mi fa più male
per riprendere poi a bere.

Il ricordo resta,
tra l'infinito sbiadito
e le poesie mai scritte

Al tramontar del sole,
si riscopre una pace,
che all'orizzonte va
morendo...

Un pensiero velato
si tinge della notte
come pioggia
in un sentiero
di sabbia.

Nessuna alba è così vicina
di quanto non si crede
di essere lontani
dal tramonto.

martedì 28 agosto 2018

Avanti

Ignoro i miei dinieghi
sui consensi della gente

All'orizzonte
il rosso esploso
sconfina nel grigio città

Passeggio
con il sapore mattutino
sulle labbra

Respiro il nulla
nel complesso delle incertezze,
osservando inerte
miserie non celate,
bramando un senso caldo
di comprensibilità del reale

Camaleonte tra la folla
proseguo per strade calpestate
come
petali di una margherita selvatica

Accarezzo la nostalgia di una poesia semplice
e scrutando i miei abissi
lascio decantare un altro tempo

venerdì 3 agosto 2018

Dicotomia

Il vuoto,

colmo di certezze che fuggono,

nel pallido bagliore del nulla.


E' il rumore di qualcosa

nascosto dietro le parole dell'ennesima anima,

l'originaria fragilità

di un pensiero pulito


Come una foglia stanca

della sua verde clorofilla

alla ricerca dell'essenziale


Un'aurora che

si distende

nello smog del mattino


Uno sguardo lontano,

protetto da un cielo d'asfalto


verso le barche ancorate a riva

e la voglia di salpare


Liberi


anche le spiagge sono state deserti

prima di incontrare il mare


O forse è il contrario

martedì 29 maggio 2018

Per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti

"Storia di un impiegato" è uno spettacolo tra musica e teatro. È la storia di un impiegato scontento e insoddisfatto del suo lavoro e della sua vita. Si sente incastrato in sovrastrutture sociali e aziendali e non vede prospettive future.
È un album di De André del 1973, ma è stato rivisitato e attualizzato dal drammaturgo Antinolfi per la regia di Leschiera. Quindi, in questo caso, si passa dalla riunione e dallo schedario, alla call schedulata e al database.
Sono passati 45 anni ma stupisce, con amarezza, quanto le sensazioni siano, anche oggi le stesse. Quel senso di sconforto, di inadeguatezza, di insoddisfazione dell'impiegato in primis, dell'individuo poi, che si sente solo, bloccato in un ufficio, in un contratto, in un lavoro...
Nell'opera, un impiegato mediocre racconta in prima persona il suo tentativo di ribellione nelle piccole battaglie quotidiane, delle sue sconfitte...e del senso inaspettato e paradossale di rivalsa finale.
"Storia di un impiegato" è un'opera leggera, ma allo stesso tempo, un macigno di verità.
È stato catartico, quasi doloroso, vederla di lunedì.
Un altro maledetto lunedì del tran tran dell'impiegato, l'inizio di un altro giro sulla ruota del criceto.
Fa riflettere con arte, soprattutto grazie alla squisita interpretazione musicale della band, specialmente del maestro Walter Bagnato, pianista eccezionale con una voce calda e profonda niente male!
Credo che possa dare uno spunto in più per trovare il coraggio di prendere in mano la propria vita e farne un capolavoro!
Mi dispiace, per voi, che sia rimasta solo la replica di oggi (martedì 29 maggio) al Teatro Libero.
Io se fossi in voi...ci andrei!

venerdì 4 maggio 2018

Poliedrico attimo

Vivo in mille dimensioni,
in uno spazio sinestetico
con un orizzonte di silenzio dorato

M'arrabatto tra i banchi del mercato
alla ricerca dell'essenziale
tra cassette di frutta vuote e voci ormai roche

Filari di alberi con le chiome ingiallite
mi accompagnano
tra gli ultimi raggi di sole

Mentre le prime ombre della sera
giungono
nella piazzetta di ciottoli
il passo lento e meditato
timbra la brezza del crepuscolo

Ciuffi d'erba secca
rotolano
per strade polverose e senza nome.
All'improvviso scorgo
un fiore nelle pieghe dell’asfalto:
un’eccedenza del cuore
a riannodare la trama della mia esistenza.

venerdì 27 aprile 2018

Pensieri trascendenti

Nella testa ho un cecchino
che non spara
prende solo la mira.
Al confine tra aria e luce
con i suoni del deserto
e il rumore del mare
Ascolto i pensieri
tra ricordi e paure.
Tu che ti svegli presto
ogni mattina
per sistemarmi l'alba
con le preghiere in cui tu credi
e io no
brutta cosa questa retrospettiva
Resisti,
delicato sguardo,
morbido cuore.
Oggi
ci siamo dati il cambio
per accudire le nostre anime.

mercoledì 18 aprile 2018

Parole


Cercale nell'intensità
della tua mente,
nei meandri della tua tristezza.

Cercale
con la stessa impazienza
che c'è nel guardare
la pioggia sul parabrezza,
che incurante delle targhe alterne
fa a pugni con le polveri sottili.

Tra sogni di giorni di quiete,
una manciata di fotogrammi
e un'eco lontana

Io,
seduta sul
davanzale del mondo
non credo più
sia poi così rotondo 
e scrivo

Scrivo su pagine bianche
con l'inchiostro di un attimo
cercando i sospiri
di chi come me
respira emozioni.

I pensieri precipitano
leggeri
in futuri paradossi
di parole vane.

La poesia è solitudine
tra i pensieri degli altri.

lunedì 12 marzo 2018

Distopia di una coscienza


Camminare
sulla riva del mare,
perdere il fiato
e continuare a non sapere
qualcosa di importante.

Frantumo la pietra
dei miei silenzi
e mi nascondo
sotto gli artigli di un dove
senza senso.

Il nulla sconfina oltre le aspettative
e libera dalla costrizione dell'essere me.

Ma le parole se ne stanno zitte
sulla soglia ad accompagnare
le ragioni al precipizio.

Mi scivolano addosso i singhiozzi del cielo
nel tempo dell'andare randagio

Silenziosi vortici
volteggiano nell'aria:
sono i sospiri della notte
che parlano di me

è la contingenza infinita del destino 
che accarezza piano le mie illusioni
allungandomi l'anima altrove.

mercoledì 7 marzo 2018

Voglio te, del vino e le conseguenze

Il sole non tramonta,
la paura non giunge,
il tempo non scorre
e affonda lento
nel pantano del sublime.

Nell'inesauribile esigenza 
di restare a galla 
si alternano
sconfitta ed ebbrezza.

Nel silenzio limpido della neve,
a disegnare spirali
di lettere sciupate,
e parole superflue
a descrivere il miracolo
delle nostre bocche chiuse,
lasciate aride a contemplarsi tacere.

Con le nostre dita strette
in cappi d'affetto
e i corpi annodati distesi sul letto.

Inebrianti pensieri rischiarano l’anima
e covano questo
senso caldo di realtà

Nella semplicità di un gesto
prego che l’incantesimo non sfumi.







venerdì 23 febbraio 2018

"L’Italia è ferma tra un passato che non torna e un futuro che non arriva"


Ieri sono andata a vedere “Quello che non ho” al Teatro degli Arcimboldi, che tra parentesi, è un bellissimo teatro.
“Quello che non ho” è uno spettacolo di teatro canzone con Neri Marcoré che racconta con le poesie musicali di De Andrè  e le visioni profetiche di Pier Paolo Pasolini il mondo di oggi in costante equilibrio tra l’ansia del presente e la speranza nel futuro .
Un binomio potente di parole e note che disegna un paese e un pianeta pieni di pregiudizi, votati ad un consumismo becero e distruttivo, dove lo sviluppo non porta evoluzione e il potere subdolo sembra aver addormentato la coscienza critica di tutti. 
Ad accompagnare lo spettacolo e a donargli un grande valore aggiunto, un abile trio di musicisti: la cantante Giua e le chitarre di Pietro Guarracino e Vieri Sturlini. 
Marcorè è un mattatore, spazia dalla recitazione al canto suonando anche la chitarra. Anche se, secondo me, responsabile della buona riuscita dello spettacolo sono la scelta intelligente, del regista Giorgio Gallione, dei testi di De André, quasi tutti tratti dall’album “Le nuvole” e l’ottima performance dei musicisti.
Altrimenti Marcoré è stato un po’ troppo statico con una recitazione molto impostata, e a volte quasi didascalico nell'elencare le notizie, ma è stato spettacolare come imitatore, a tratti sembrava davvero che sul palco ci fosse Fabrizio De André.
Intrecciando realtà e paradosso, satira e suggestione poetica, con un ritmo sincopato, si pone la luce su alcuni dei maggiori orrori mondiali e su alcune tragiche facezie nostrane.
Le gigantesche isole di plastica che riempiono gli oceani.
I bambini nel mondo sfruttati per lavorare in miniera o come bambini soldato.
Le guerre civili causate dal coltan, minerale indispensabile per l’industria elettronica.
L ‘inquinamento della costa di Siracusa dopo il disastro ambientale di Priolo. I bambini deformi. Marina di Melilli il paese che non c’è più.
I bambini rom morti bruciati vivi per la povertà.
Fino alle surreali interrogazioni parlamentari che lamentano la scomparsa di Clarabella dai gadget dell’acqua minerale.

Tutto questo si contrappone costantemente alle riflessioni ciniche di Pasolini, profeta della realtà italiana di oggi, specchio del mondo e del consumismo estremo dominante: un ossimoro tra forza e sensibilità, che è il leitmotiv di tutto lo spettacolo.
Il percorso si chiude con un briciolo di speranza: il ritorno delle lucciole, di cui Pasolini, aveva denunciato la scomparsa nella dissoluzione morale, politica e sociale dei suoi giorni. 




mercoledì 21 febbraio 2018

96° dallo zenit


Divampano emozioni
che squarciano l'essenza

al di là del tuo sguardo nitido
e del mio grido muto,
dispersi in un angolo
si affollano
i miei perché.

Nel buio, inciampo nei ricordi,
con nelle scarpe,
ancora
la sabbia di lidi conosciuti
e posti speciali.

L'anima immobile,
sbriciolata
nella casa della coscienza
bussa come un velo di polvere
dagli occhi socchiusi
e avvolge i pensieri

Tu
sei arrivato
provvidenziale
a decapitare ogni mia certezza.

Quel soffio
di luce che
travolge il mio cuore
e scompiglia
il vento,
il sospiro di un fremito,
che abbatte i sigilli.

Il sole è un punto
all'orizzonte

indeciso
tra
tramonto o alba

I lunghi indugi
dilatano
spazi infiniti.

Vorrei essere una cicatrice
sul tuo dito
per ricordarti
che la romantica follia
nascosta qui dentro
è tua.

Inventa un sogno,
dipinto di vero
al di là delle cose
e portami nell'idillio
di quest'attimo infinito.



lunedì 19 febbraio 2018

Io ci sono

Il dolore
che si scioglie in un abbraccio,
simile al fragore delle onde
che si infrangono sugli scogli.
Sento il rumore
di punti distanti della mia anima
che tornano a casa
nella luce trasognata di una cartolina
Io ci sono
con la necessità di certi sguardi,
di respiri senza margini,
di universi autentici.
E resto qui
a levigare l'attesa
di qualcosa che
c'è già.

venerdì 9 febbraio 2018

La mia sete

Ho sete
La mia gola brucia
di occasioni mancate e di tempo sprecato
Lo stillicidio riempie
malamente
il mio bicchiere,
forse,
troppo grande.
Il bisogno di bere mi toglie il respiro.
All'improvviso
Tu
Come un vino pregiato,
Una birra speciale,
Una brocca di ambrosia
Con il coraggio dell'incoscienza
Mi tuffo
Mi nutro di te
Non serve più travasare
il mio bicchiere mezzo vuoto
in uno più piccolo
Tu
Strabordi fuori
Io,
nuda in questo fiume di ricordi
Illecite emozioni,
succubi di incantevoli intenzioni
parlano senza forma
per la sostanza che mi circonda.
Tra lacrime e lenzuola
trascini il mio cuore
all'inizio del mare
Sbatteró la porta
per l'assurda assenza
della tua presenza
E rovesceró
le nuvole
Per placare la mia sete
di vita
con te.

mercoledì 31 gennaio 2018

"Aspettando Godot è una commedia in cui non accade nulla, per due volte"

Ieri, per la serie " sei a Milano, approfittane", sono andata a teatro, all'Elfo Puccini, a vedere "Aspettando Godot" con la regia di Alessandro Averone, la produzione di associazione cArt e con Mauro Santopietro, Antonio Tintis, Francesco Tintis, Gabriele Sabatini e Marco Quaglia.

"Aspettando Godot" è una delle commedie più famose del mondo, e io non sono una critica teatrale. Quindi non ho nessuna intenzione di fare una recensione.
Ma considerando il titolo del blog mi sembrava doveroso scrivere una mia opinione.

"Nel primo atto due uomini vestiti come vagabondi, Estragone e Vladimiro, si trovano sotto un albero in una strada di campagna. Sono lì perché un certo Godot ha dato loro appuntamento. Il luogo e l’orario dell’appuntamento sono vaghi. I due non sanno neanche esattamente chi sia questo Godot, ma credono che quando arriverà li porterà a casa sua, gli darà qualcosa di caldo da mangiare e li farà dormire all'asciutto. Mentre attendono passa sulla stessa strada una strana coppia di personaggi: Pozzo, un proprietario terriero, e il suo servitore, Lucky, tenuto al guinzaglio dal primo. Pozzo si ferma a parlare con Vladimiro ed Estragone. I due sono ora incuriositi dall'istrionismo del padrone, ora spaventati dalla miseria della condizione del servo. Lucky si rivela tuttavia una sorpresa quando inizia un delirante monologo erudito che culmina in una rovinosa zuffa tra i personaggi. Pozzo e Lucky riprendono il loro cammino. Intanto è calata la sera. Godot non si è fatto vivo. Arriva però un ragazzo, un giovane messaggero di Godot, il quale dice a Vladimiro e a Estragone che il signor Godot si scusa, ma che questa sera non può proprio venire. Arriverà però sicuramente domani. I due prendono in considerazione l’idea di suicidarsi, ma rinunciano. Poi pensano di andarsene, ma restano. Il primo atto finisce qui. Nel secondo atto accadono esattamente le stesse cose. Vladimiro ed Estragone attendono sotto l’albero l’arrivo di Godot. Di nuovo vedono passare Pozzo e Lucky (Pozzo nel frattempo è diventato cieco, sull'albero sono spuntate due o tre foglie). Di nuovo si intrattengono con il padrone e il servo. Di nuovo Pozzo e Lucky se ne vanno. Di nuovo arriva il messaggero a dire che Godot stasera non può venire ma verrà sicuramente domani. Di nuovo prendono in considerazione l’idea di mollare tutto. Di nuovo rinunciano. Fine."

Secondo me è un'opera geniale anche solo perché il protagonista, Godot è assente.
La vera forza è l’humour.
Vladimiro ed Estragone, Gogo e Didi, come si chiamano tra di loro, sono grotteschi, disperati. Rappresentano la stasi e le paure di rimanere bloccati in un anello senza fine.
I loro gesti sono ripetitivi, insensati, eppure parlare fra di loro è l’unica cosa che li fa sentire vivi, anche se in realtà non hanno davvero nulla da dirsi più, ormai. 
Nulla da fare, nulla da sperare eppure non smettono di ricordarsi che sono amici, tanto da abbracciarsi, a volte, quasi come due disperati che si ritrovano dopo tanti anni.

Quel che è certo è che sulla scena viene raccontata una condizione che ognuno di noi conosce e che rappresenta un’immagine schiacciante della vita, l'attesa dell'ignoto, il tempo che inesorabilmente scorre, il nostro linguaggio, il nostro quotidiano brancolare.

Ed anche lo spettatore più prudente non riesce a non sorridere, ma è un riso amaro perché aleggia il silenzio della notte che incombe, che non è fine e non è inizio e sotto il cui segno si svolge, in realtà, “Aspettando Godot”.
La grandiosità di Godot sta proprio nella sua astrattezza, nell’Attesa con la A maiuscola, la sintesi di tutte le attese possibili.
 La sensazione che si ha è quella di trovarsi di fronte ad un mondo fatto di informe desolazione.

Alessandro Averone ha avuto l’incredibile capacità di rendere un testo surreale e crudo quasi divinamente comico, attraverso la poesia che pervade l’opera intera. 
Senza discostarsi dall'originale è riuscito a rendere l'opera ancora di più attuale anche grazie alla bravura degli attori, con un recitato fluido e coinvolgente. 
Anche la scenografia è essenziale e tendente al concettuale, l'albero sembra più un oggetto di design che un oggetto di scena.

Alla fine non si sa chi sia Godot, Dio (citato spesso), il destino, la morte, la fortuna, quel che è certo che ognuno di noi ne ha uno da aspettare: io ho scelto di andare via, per la mia strada.


Comunque "Aspettando Godot" al Puccini è in scena fino al 4 febbraio. Se ne avete la possibilità andate a vederlo, io ve lo consiglio!


venerdì 26 gennaio 2018

Rosa gialla

Cupi pensieri
offuscano la mia mente,
rubano ragione alla logica,
pazienza all’attesa
infuriando in un oblio di tormenti.

L'anima immobile,
frantumata
batte come un'ombra di polvere
sulla porta della fiducia.

La vita scorre
alternata
tra diritti e dov'eri.

Come lacci di vecchie scarpe,
anche slacciati,
conserviamo le forme
e le curvature del nodo.


Quando la sera
sveste le apparenze, sento
l’ingombro di me stessa
come zavorra da buttare.

La gelosia è istinto.
E sa di pelle.

Aiutami a cercare
note avvolgenti di felicità
come un bambino
con le braccia aperte
a mo’ di aeroplano
che gira
e canta una canzone che non esiste.

giovedì 18 gennaio 2018

Il silenzio

In un luogo dall'ombra profonda
Gocce di pensieri
come fiumi scorrono,
scivolano
lungo bisbigli di nebbia
su tappeti di voci sussurrate.
È il melanconico naufragio delle parole.

giovedì 4 gennaio 2018

Assuefazione

Viviamo così, trincerati
in lunghe attese
che dilatano spazi infiniti
usurati dall'abitudine,
disincantati dalla vita,
spenti dall'inerzia.
Liberi, solo, di essere fantasmi
in città offuscate da splendori.
Dalla finestra immersa nella nebbia
la notte dorme sopra il sonno.
E il vuoto nella stanza
è l'unica impronta
del mio vivere sbadato.
Una lacrima di emozione
brilla nei pittoreschi colori dell'aurora
lasciando scie umide
di solitudini ed inferni dove l'anima stanca
a volte fugge e si nasconde.
 Solo, gli alberi fuori
protesi verso la luce
mi donano una lieve promessa
di felicità.
Trovare salvezza
nel caso.
Mi sveglio con l'odore
che ha la pioggia
prima che cada.

E chiedo al vuoto
di non essere invadente

Esterno Crepuscolo

Esterno- Crepuscolo Si attacca ai comignoli il tramonto stasera le nuvole volteggiano travestite di rosso La mente fa lenti balzi tra le cos...